Brionvega Asolo: la fabbrica della bellezza

Una storia può avere diverse chiavi interpretative. È una questione di sguardi. Di colui che racconta. Di coloro che ne entrano in relazione. L’importante è che ci sia una storia da raccontare e ancor di più che questo racconto non rimanga ancorato al passato, ma che diventi una modalità per interpretare il presente e perché no, progettare il futuro. È questa la forza di storie che possono ispirare. È questa la modalità affinché paradigmi consolidati possano lasciare lo spazio all’evoluzione di persone, territori ed imprese.

Questo è quello che accade anche varcando in questi giorni la soglia della Sala della Ragione, del Museo Civico di Asolo. All’interno di questo già di per sé straordinario spazio, una mostra. Il titolo è inequivocabile: “Brionvega Asolo, la fabbrica della bellezza”. Ciò che si può apprendere non è qualcosa di nostalgico, ma un punto fermo dal quale ripartire, perché se di Brionvega se ne conosce il valore iconico, il cosa rappresenti in termini di design, questa mostra evidenzia l’aspetto antropologico e territoriale che ha avuto l’apertura di questa fabbrica ad Asolo.

Siamo negli anni ’60 quando la società fondata da Giuseppe Brion, Onorina Tomasin e Leone Paietta, che ha sede ha Milano, decide di aprire la sede di Asolo. In quel periodo Brionvega è già un’impresa affermata e da molti considerata la Apple italiana. Per la realizzazione dello stabilimento Veneto viene incaricato colui che aveva già realizzato alcuni tra i pezzi più importanti dell’azienda, l’architetto Marco Zanuso. L’opera di Zanuso, perché di opera si tratta, è ancor oggi uno degli stabilimenti più belli costruiti in questo territorio e in Italia. Uno stabilimento, che grazie alle sue grandi vetrate permette di far arrivare tantissima luce al suo interno e nello stesso tempo di accedere alla visione mozzafiato sulle colline e sull’intero paesaggio asolano. Uno stabilimento progettato anche attraverso una nuova concezione delle postazioni di lavoro, pensate non solo per essere armoniche all’interno dello spazio fisico, ma pure rispettose delle esigenze individuali del lavoratore.

Daniele Ferrazza, giornalista e curatore della mostra e Beatrice Bonsembiante, Presidente Associazione Pro Loco di Asolo.

È proprio sulle persone il riflettore centrale dell’intera mostra. Lo si può cogliere guardando un video che raccoglie alcune delle testimonianze di chi in quella fabbrica ci ha lavorato, in cui parole come “andavo al lavoro felice” o “mi sentivo bene” non sono frasi tratte di un copione di una commedia a lieto fine, ma esternazioni sincere di chi quel luogo l’ha vissuto. Lo si può capire per ciò che concretamente questa azienda ha portato nel territorio veneto. L’ispirazione olivettiana è permeante. Innovazioni consistenti che hanno portato una dignità del lavoro e per il lavoratore. La contrattazione collettiva, una parità retributiva tra uomini e donne, l’introduzione di un sistema di pause di lavoro a metà giornata, l’indennità di mensa, sono solo alcuni esempi di un’azienda pensata per far star bene i propri collaboratori. La stessa filodiffusione nello stabilimento non era un vezzo artistico, ma un tassello di una bellezza diffusa. Ecco la fabbrica della bellezza, ecco l’essenza di un lavoratore rispettato, di una persona rispettata. Una dignità dell’individuo che passava anche da una retribuzione mediamente più alta rispetto alle altre fabbriche.

Poi è chiaro che non si può non rimanere rapiti anche dalla bellezza di prodotti che hanno fatto la storia del design. Ce ne sono quattordici presenti all’interno della mostra. Tutti realizzati nello stabilimento di Asolo. Tutte icone di una progettazione italiana, fierezza per il nostro Paese. Solo per citare un pezzo, il radiofonografo RR126, un pezzo straordinario, acquistato anche da David Bowie per la sua collezione e battuto all’asta alla cifra record di 300mila Euro.

È stato un viaggio emozionante la visita di questa mostra. Un’emozione forse perché la soggettiva della quale si parlava di Brionvega era quella umana. Un viaggio arricchito da un compagno di viaggio come Roberto Bonzio, giornalista curioso e fondatore di Italiani di Frontiera, che mi ha invitato a fare questa visita insieme e dal privilegio di essere accompagnati da Daniele Ferrazza, giornalista e curatore della mostra e Beatrice Bonsembiante, Presidente Associazione Pro Loco di Asolo.

Forse anche per questo il viaggio è terminato con un brindisi, nella piazzetta centrale di questo borgo tra i più belli d’Italia. E proprio mentre brindavamo ecco un incontro fortuito. Danilo Poser, fondatore di Falmec, un’altra eccellenza italiana nell’ambito del design. Ma questa è un’altra storia, che merita di essere raccontata con calma.

 

#ToBeContinued

Andrea Bettini