
A volte serve toccare il fondo per poter risalire con più forza. È la storia di Bianca Guscelli Brandimarte ed è anche la storia di un nome, Brandimarte, che ha saputo rinascere dalle ceneri di un fallimento e trasformarsi in un simbolo contemporaneo di coraggio, artigianato e visione.
Brandimarte nasce a Firenze, oltre settant’anni fa, grazie all’intuizione e allo spirito rivoluzionario di un uomo che di nome faceva proprio Brandimarte. Un nome così insolito da diventare esso stesso marchio, brand ante litteram. Artigiano, poeta, anfitrione di memorabili cene fiorentine, pioniere nella formazione dei detenuti: il nonno di Bianca era tutto questo e molto di più. Aveva creato una vera istituzione, nel cuore dell’Oltrarno, in un laboratorio popolato da un centinaio di artigiani, dove l’argento non era solo materia, ma linguaggio.
“Ricordo che da piccola andavo in fabbrica dopo la scuola – racconta Bianca – mi sedevo ai tavoli grandi accanto agli artigiani, chiedevo come si facevano i braccialetti. Mi davano un pezzo di lastra, un martellino e io, passavo così i miei pomeriggi. Quei maestri erano un po’ come zii”.
Quando nel 1994 il nonno viene a mancare, l’azienda rischia di dissolversi. È il padre di Bianca a raccogliere le redini, vendendo la casa per salvare l’impresa e portarla avanti per altri venticinque anni. Internazionalizza, apre il mercato russo, tiene in vita il sogno. Ma i tempi cambiano, le crisi si susseguono, i costi aumentano. L’argento vola alle stelle e con esso anche le difficoltà. Bianca, nel frattempo cresciuta professionalmente all’interno dell’azienda, intuisce che il momento è critico. Nel 2016, prima ancora che venga dichiarato il fallimento, decide di licenziarsi. “Lo feci per alleggerire mio padre – dice – perché anche se non prendevo stipendio, non volevo che si sentisse in colpa”.
Si allontana, lavora per due anni in una boutique Chanel. Scopre un altro lusso, un altro mondo, ma qualcosa dentro di lei resta ancorato a quel nome, a quella storia.
E poi accade. La telefonata del curatore fallimentare annuncia che il marchio Brandimarte andrà all’asta. “Mi presentai. Avevo 27 anni, pochi risparmi, mille incertezze. Ma sapevo che dovevo provarci”. Con il compagno al suo fianco, si aggiudica il marchio. “È stato il giorno più bello della mia vita, dopo la nascita delle mie figlie. In quel momento sentii che stavo riportando a casa la mia famiglia, la mia identità”.
La rinascita parte da una storia. Bianca inizia a raccontarla ai giornalisti, prima ancora di riaprire formalmente l’attività. In tre mesi nasce la nuova Brandimarte: una Srl semplificata con un euro di capitale, un finanziamento della Regione Toscana da 25.000 euro, un sito, un piccolo campionario e tanta determinazione.
Per due anni lavora in un minuscolo ufficio, ricostruendo relazioni, recuperando artigiani, rinnovando cataloghi. Poi arriva un piccolo miracolo: uno spazio in centro a Firenze, con quattro vetrine, concesso da una signora generosa. Da lì Brandimarte riprende a vivere.
Non mancano le difficoltà – arriva anche il Covid – ma Bianca resiste. E oggi, dopo otto anni, guarda avanti con ambizione. “Ho progetti importanti per espandere il brand all’estero. Voglio che Brandimarte diventi un punto di riferimento, fisico, reale, in diverse parti del mondo”.
Ma non è solo una questione di business. Per Bianca, l’argento è molto di più: “È un metallo vivo, antibatterico e soprattutto emozionale. Già regala emozioni, esalta i sapori, mantiene la freschezza. Non va tenuto chiuso in una scatola, va usato. Brandimarte è questo: un invito a vivere la bellezza ogni giorno, a rompere gli schemi”.
Il messaggio che vorrebbe lasciare a chi leggerà la sua storia è semplice, ma potente: “Anche con niente, se hai una visione ferma, puoi farcela. Serve coraggio e serve sognare in grande. Come mi disse una professoressa: ‘Vola alto, perché in basso c’è sempre tempo’.”
E se oggi dovesse ringraziare qualcuno, Bianca non ha dubbi: “Me stessa, per non aver mollato. E poi la mia famiglia, Firenze, gli artigiani, i clienti. Tutti quelli che hanno creduto che quella storia potesse ricominciare”.
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