Cristiano Barbazza – L’impresa come corsa di resistenza (e con un’anima rock)

Cristiano Barbazza, CEO e Presidente di Rudy Project
Cristiano Barbazza, CEO e Presidente di Rudy Project

 

Quarant’anni fa tutto cominciò con una sfida al bar. Una di quelle scommesse fatte quasi per gioco, che poi finiscono per cambiare il corso di una vita. Rudy Barbazza, operante nel mondo dei motori e dello sport, oltre ad esserne un grande appassionato, venne provocato da un conoscente del settore occhiali: “Vediamo cosa saresti capace di fare con un paio di occhiali”. Da quell’azzardo nacque un’idea che nel 1985 si trasformò nel primo modello Performance. Il destino volle che proprio quell’anno il campionato del mondo di ciclismo a Colorado Springs venisse vinto con quegli occhiali. Da allora la richiesta esplose e con essa, anche un’azienda che avrebbe preso il nome del suo fondatore: Rudy Project.

Accanto a lui c’era un ragazzo di appena 17 anni. Cristiano Barbazza, il figlio maggiore, che da subito si trovò immerso in un’avventura imprenditoriale più grande di lui, ma che avrebbe fatto sua. “È stato come costruire un’azienda da zero, mattone dopo mattone”, racconta oggi, a distanza di quattro decenni. Senza un business plan scritto a tavolino, ma con una bussola chiara: la passione per lo sport, l’attenzione maniacale al prodotto e il rispetto delle relazioni.

Gli anni Ottanta furono un laboratorio in fermento. Sponsorizzazioni, collaborazioni con i campioni del ciclismo e del triathlon, presenze ai Giochi Olimpici. Rudy Project divenne sinonimo di credibilità, parola che per Cristiano resta ancora oggi il vero asset dell’impresa: “Non siamo mai scesi a compromessi: il nostro è un prodotto tecnico, pensato per elevare la performance degli atleti. Non abbiamo mai inseguito la moda, abbiamo scelto la coerenza”.

La crescita si consolidò con un ulteriore passaggio: agli occhiali si affiancarono i caschi, completando così una gamma di protezione che ancora oggi resta il cuore dell’azienda. “Ho sempre voluto restare concentrato su due prodotti: occhi e testa. Fare poche cose, ma farle bene”, sottolinea Cristiano. Oggi Rudy Project conta circa 70 persone tra Italia e Germania, un fatturato che sfiora i 17 milioni e una presenza in oltre 60 Paesi.

Un’impresa che è rimasta familiare, ma che Cristiano ha voluto anche managerializzare. Il fratello più giovane, Simone, segue marketing e comunicazione, mentre lui tiene le redini di prodotto, commerciale e strategia. “Il nostro obiettivo non è inseguire il fatturato fine a sé stesso, ma mantenere intatta l’integrità del brand. Occhiali e caschi devono essere belli, performanti e soprattutto sicuri: proteggono occhi e testa, la parte più importante del corpo di uno sportivo”.

Il Made in Italy è un marchio di fabbrica: gli occhiali sono progettati e realizzati interamente in Italia, con materiali e soluzioni tecniche di altissimo livello. “Sono amante del bello e della qualità, due parametri che hanno sempre guidato le nostre scelte”, ammette. Non a caso, la sostenibilità è diventata una priorità con il programma Ride to Zero, che ha portato alla creazione di Synergy, il primo casco Rudy Project pensato per l’economia circolare. “Il nostro playground è la natura: bici, trail running, vela, sci di fondo… non possiamo non preservarlo”, afferma con convinzione.

Rudy Project oggi si muove su tre linee: occhiali tecnici sportivi, caschi e soluzioni vista integrate. Un posizionamento che trova forza anche in una rete di circa 10.000 atleti nel mondo, tra ciclismo, triathlon, trail running. “Il feedback che riceviamo è un valore enorme. È un dialogo continuo: a volte sono gli atleti a stimolarci, altre siamo noi ad anticipare i loro bisogni”.

Le emozioni sono tante e indelebili: dalle medaglie nello short track alle Olimpiadi di Torino 2006, alle vittorie di Vincenzo Nibali, fino alle grandi classiche del ciclismo. “Essere in prima fila quando lo sport scrive la storia e vedere i nostri prodotti lì, al centro dell’azione, è un privilegio che non ha prezzo”.

Cristiano non vive lo sport solo come ambito lavorativo. È ciclista appassionato: road, gravel, mountain bike. In gioventù, però, amava anche l’enduro in moto, fino a un incidente che lo ha costretto a cambiare strada. Oggi pedala per salute, per piacere, ma anche per testare in prima persona i suoi prodotti.

E se gli chiedi se avrebbe voluto essere un atleta professionista, sorprende la risposta: “Amo lo sport, ma sono anche appassionato di economia, arte e musica. Forse, se non avessi fatto l’imprenditore, mi sarebbe piaciuto fare il musicista, magari il front man di una band alternative rock” racconta sorridendo.

Forse è proprio questa doppia anima – razionale e sognatrice, economista attento alla solidità e amante del bello con un cuore rock – a raccontare meglio chi è oggi Cristiano Barbazza. Un imprenditore che ha fatto dell’impresa una corsa di resistenza: si vince con disciplina, curiosità e la capacità, di restare fedeli a se stessi. E guardando avanti, la sua sfida più grande resta la stessa di quarant’anni fa: continuare a trasformare una visione nata da una scommessa in un brand capace di ispirare atleti e sportivi in ogni angolo del mondo.

#ToBeContinued
Andrea Bettini