Antonio De Matteis – Kiton e l’eleganza del fare

Antonio De Matteis, CEO Kiton
Antonio De Matteis, CEO Kiton

 

C’è un viaggio che parte da Napoli e attraversa il tempo, i mercati internazionali, i tessuti, le mani esperte, ma soprattutto le persone. È il viaggio di Kiton, la maison dell’eccellenza sartoriale fondata nel 1968 ad Arzano da Ciro Paone, che ha saputo trasformare un’intuizione in una filosofia di vita. Un’intuizione che, come racconta oggi suo nipote Antonio De Matteis, Amministratore Delegato dell’azienda, nasce da una visione chiara: organizzare la sartoria per salvarla, per darle un futuro.

All’epoca, a Napoli, ogni palazzo aveva almeno un paio di sarti. Ma il rischio era che quel sapere si disperdesse, se non accompagnato da un’idea imprenditoriale. Così Ciro, proveniente da una famiglia di commercianti di tessuti, decise di dare forma a qualcosa di nuovo: non solo una sartoria, ma un’impresa fondata sul rispetto e sulla qualità. La famosa “capa fresca” non era solo un modo di dire, ma un manifesto: lavorare bene, essere pagati bene, vivere con dignità.

Fin dal principio, Kiton è stata molto più di un marchio. È diventata un simbolo di purezza, come il chitone greco da cui prende il nome. Non l’abito più sontuoso, ma il più essenziale, il più autentico. La purezza che si ritrova nei gesti dei sarti, nella scelta dei materiali, nella cura maniacale dei dettagli. Un’eredità che oggi Antonio custodisce con senso profondo di responsabilità, condivisa con gli altri cugini che formano la seconda generazione. Un’azienda familiare dove le decisioni si prendono insieme e, una volta prese, si rema tutti nella stessa direzione.

Il primo maggio del 1986, Antonio inizia il suo percorso in azienda. Lo ricorda molto bene quel giorno. Lo zio lo portò con sé a Milano, in auto, senza sconti, senza pause. “Nessun weekend, nessun ponte”, dice. Un modo diretto per insegnare al nipote che il lavoro viene prima di tutto. Da allora, centinaia di viaggi, spesso in silenzio, osservando e cercando di intuire i pensieri dello zio, hanno rappresentato la sua vera scuola. Una formazione sul campo, intensa, totalizzante. “Mi ha dato l’educazione alla sofferenza”, racconta. Quel tipo di sofferenza che si trasforma in consapevolezza, in orgoglio, in amore per l’impresa.

E proprio questo amore ha spinto Kiton, venticinque anni fa, a fondare una Scuola di Alta Sartoria. Una scommessa sul futuro, quando parlare di formazione non era ancora di moda. All’inizio fu difficile persino trovare dieci ragazzi disposti a iscriversi. Oggi, su quasi duecento studenti formati, l’ottanta per cento lavora in azienda. Altri hanno avviato una propria attività. Un impatto sociale vero, tangibile, in un territorio complesso come quello napoletano. Un modo per restituire, per creare valore, per far nascere artigiani e anche nuovi imprenditori. Perché la manualità ha bisogno di trasmissione e ogni generazione, deve poter ereditare e rinnovare.

Antonio è convinto che l’impresa debba essere prima di tutto un presidio sociale. In un’epoca in cui il termine welfare è di moda, Kiton lo pratica da sempre. Se un collaboratore deve comprare casa, l’azienda negozia per lui le migliori condizioni. Se un giovane entra a lavorare, trova rispetto, attenzione e possibilità di crescita e trova un luogo, dove la qualità non è solo nel prodotto, ma nelle relazioni, nella cultura interna, nell’etica del lavoro. La filiera è integrata, gli stabilimenti sono cinque, il packaging è ecologico, l’impatto ambientale ridotto grazie a impianti fotovoltaici. Tutto parla di una responsabilità concreta e quotidiana.

Nel 2018 nasce anche KNT – Kiton New Textures – una linea sperimentale pensata per le nuove generazioni. I capi vengono realizzati con la stessa cura della sartoria tradizionale, ma parlano un linguaggio nuovo, contemporaneo. È un segno di continuità, non di rottura. Perché anche l’innovazione, per funzionare, ha bisogno di radici profonde. Lo stile può cambiare, l’approccio no.

Oggi Kiton è presente in 75 paesi, con oltre 60 boutique monomarca e un fatturato di 225 milioni di euro (dato 2024). Ma più dei numeri, conta lo spirito con cui si porta avanti la visione originaria. Antonio non ama i riflettori, preferisce l’azione. È sempre stato così. Fin dal primo giorno ha vissuto il lavoro in azienda come una missione, con sobrietà e determinazione. Lo ha fatto guidando con l’esempio, con la presenza. “Day by day, step by step, door to door. We never stop”, ripete spesso. E nel raccontare il presente, tra trasformazioni globali, tensioni economiche, nuove sfide, non cerca scorciatoie. Semplicemente, rilancia.

“Dobbiamo lavorare, non possiamo fermarci, dobbiamo essere sempre operativi. Dobbiamo continuare a fare, a faticare, soprattutto per superare un momento di cambiamento, di trasformazione in cui le sfide politiche ed economiche mettono duramente alla prova le imprese. Dobbiamo – come disse il nostro mister Antonio Conte prima dell’inizio di questo campionato che ci ha portati a vincere il quarto tricolore – amma faticà.

 

#ToBeContinued
Andrea Bettini

ph. Credits: Danilo Scarpati