
Succede che il futuro di un’impresa nasca da un gesto silenzioso, da una firma che racchiude fiducia, amore e coraggio. Nel 2019, con il passaggio generazionale tra Aldo e Francesca Cerruti, la storia di ab medica ha trovato una nuova voce senza perdere la propria identità.
Perché non si tratta solo di consegnare un’azienda, ma di trasmettere un modo di intendere la vita, il lavoro, le relazioni. Quando Aldo Cerruti decise di scrivere il patto di famiglia, consegnando ufficialmente alla figlia Francesca la guida di ab medica, sapeva che quel gesto non rappresentava un semplice atto formale. Era il segno tangibile di una fiducia costruita nel tempo, ma anche la certezza che l’impresa di famiglia avrebbe continuato a camminare nella stessa direzione: quella dell’innovazione mossa da valori solidi.
Fondata nel 1984, dal coraggio e dall’intelligenza visionaria di Aldo e Bianca Cerruti – da cui nasce il nome ab medica – l’azienda ha contribuito a rivoluzionare la sanità italiana introducendo tecnologie che hanno migliorato la qualità delle cure e la vita dei pazienti. Oggi Francesca Cerruti, entrata in azienda poco più che ventenne e CEO dal 2019, guida un gruppo con 575 persone, un fatturato che supera i 270 milioni di euro e una presenza in sei Paesi: Italia, Svizzera, Francia, Spagna, Portogallo e Marocco. Una realtà diventata punto di riferimento in Europa per la robotica chirurgica, la telemedicina, la digital health e la ricerca di soluzioni mininvasive per la salute.
Il suo arrivo alla guida di ab medica non è stato un passaggio immediato, ma un percorso costruito nel tempo, tra ascolto, confronto e responsabilità. “Fino al 2019 ero la figlia di. Dopo quella firma, non più” racconta. È da quel momento che Francesca inizia a vivere l’impresa come una missione, consapevole di dover custodire e al tempo stesso rinnovare un’eredità fatta di intuizioni e di valori.
Quando nel 2021 Aldo Cerruti viene a mancare, l’azienda attraversa un momento di forte trasformazione. Ma è proprio in quella fase che prende forma una nuova rinascita. Dal gennaio 2022 parte un percorso di ricostruzione e slancio: operazioni straordinarie, nuove aperture internazionali, investimenti su ricerca e digitalizzazione. “Ogni anno – racconta – ci siamo trovati ad affrontare due, tre, quattro sfide fuori dall’ordinario. E ogni volta abbiamo scelto di metterci l’azienda al centro, non l’ego o il singolo dipartimento”.
Il suo approccio è razionale e insieme umano. Un equilibrio tra pragmatismo e sensibilità che la porta a considerare l’impresa come un organismo vivente, fatto di molte parti in dialogo tra loro. “La perfezione non esiste. Quello che conta è mantenere un equilibrio dinamico, in cui ogni area dell’azienda – grande o piccola che sia – abbia pari dignità”. Per lei, l’impresa è un sistema aperto, dove la diversità di competenze diventa un valore e la collaborazione un metodo. “In azienda ho tante persone che ne sanno più di me. Ed è proprio da loro che nasce la forza di ab medica”.
In questa visione si riflette il suo modo di fare leadership: mai autoreferenziale, profondamente rispettoso delle persone e fondato su un principio tanto semplice quanto raro. “Le tasse si pagano, la furbizia non porta da nessuna parte. L’etica magari nel breve non paga, ma nel lungo periodo sì. Perché tutto è ciclico, e prima o poi i nodi vengono sempre al pettine”. Un’etica che diventa disciplina, non come rigidità ma come coerenza. “Mi piace darmi delle regole, non per limitarmi, ma per non perdere di vista la rotta. Poi, se lo straordinario arriva, meglio”.
Oggi ab medica è un ecosistema di tecnologie, persone e valori che continuano a evolvere nel segno della continuità. È un’azienda che investe su se stessa e sulle persone, che punta a portare oltre confine più del 50% del proprio fatturato entro i prossimi anni, completando un’importante transizione digitale.
Ma più di ogni cifra, a guidare il cammino è una bussola fatta di coerenza, rispetto e visione. “Mi piace pensare che un giorno ab medica possa vivere anche senza di me” dice Francesca. Un desiderio che non nasce dal distacco, ma da un profondo senso di responsabilità. Perché il segno più autentico di una leadership non è restare al centro, ma saper costruire le condizioni perché ciò che si è generato continui a prosperare nel tempo.
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Andrea Bettini