Renza Altoè Garbelotto – L’anima luminosa del legno

Renza Altoè Garbelotto, Amministratore Delegato del Parchettificio Garbelotto
Renza Altoè Garbelotto, Amministratore Delegato del Parchettificio Garbelotto

 

Se in questi giorni vi capita di passare per la zona Isola a Milano, in via Ugo Bassi, al civico 7, alzando lo sguardo potreste imbattervi in una grande affissione. In primo piano c’è una donna. Si chiama Renza Altoè Garbelotto e dietro a quel manifesto, c’è una storia che vale la pena raccontare.

Quella scelta non è frutto di un piano di comunicazione freddo e calcolato, ma il risultato spontaneo di un percorso familiare. L’idea è nata dal figlio Marco e dal team marketing: «Quale immagine migliore di quella di mia madre?». Perché Renza, da sempre, è la presenza costante, rassicurante e allo stesso tempo innovatrice del Parchettificio Garbelotto. Un’azienda che non è solo sinonimo di parquet di eccellenza, ma un pezzo di vita intrecciata con il legno, con la famiglia e con il territorio. Metterci la faccia, per loro, significa prima di tutto metterci l’anima.

La storia di Renza comincia lontano dai capannoni di Cappella Maggiore, il comune alle pendici meridionali del Bosco del Cansiglio, a 40 km da Treviso. Dopo gli studi, aveva conquistato un impiego alle Poste, un lavoro sicuro, frutto di impegno e sacrificio. Ma alla fine degli anni Ottanta, mentre il marito Antonio (per tutti Tony) si era preso sulle spalle l’azienda di famiglia in un momento complesso, lei capì che serviva un passo diverso. Lasciò il “posto fisso” e scelse il salto nel vuoto. Una decisione che avrebbe cambiato per sempre la sua vita e quella del Parchettificio.

Il legno, inizialmente sconosciuto, divenne la sua materia d’elezione. «Non potevo limitarmi a fare contabilità – racconta – io sono creativa, ho bisogno di immaginare, di dare forma alle cose». E così iniziò a guardare il parquet non più soltanto come rivestimento, ma come elemento di interior design, dialogando con il mondo del fashion e dell’arte. Lì nacque la sua impronta: proporre nuove geometrie, reinventare la spina italiana, aprire al design contemporaneo.

La svolta industriale, però, porta la firma della visione di Antonio: capire che il futuro stava nel parquet prefinito, quando il settore ancora non aveva davvero imboccato quella strada. Da lì, l’internazionalizzazione: le prime fiere, i mercati esteri, l’idea – mai abbandonata – di innovare senza tradire le radici.

L’innovazione più radicale ha un nome che oggi è diventato sinonimo di Garbelotto: Clip Up System®. Nato dall’ingegno di Antonio e sviluppato interamente in azienda, è un sistema di posa senza colla, ispezionabile, sostenibile, riutilizzabile. Una rivoluzione silenziosa che ha conquistato archistar e grandi progetti nel mondo, dagli hotel di lusso alle residenze private, fino a luoghi iconici come Palazzo Grazioli e Palazzo Velabro a Roma o sedi di aziende prestigiose come Foscarini, De’ Longhi e Davines. Dietro quel risultato c’è anche l’orgoglio di una meccanica “di casa”: la macchina per gli incastri inferiori è stata progettata e realizzata in azienda, a “chilometro zero”. E c’è una precisa idea di sostenibilità concreta: niente colle negli ambienti, possibilità di smontare, ripristinare, riutilizzare.

Eppure, più dei brevetti, colpisce la capacità di Renza di tenere sempre accesa la luce dentro l’azienda. «La mia fabbrica è illuminata dall’interno – dice – perché voglio che chi guarda da fuori veda che qui c’è l’anima. Qui dentro si lavora, si producono bellezze». È un modo di stare al mondo: trasparente, concreto, umano. È anche per questo che, nonostante le sirene della delocalizzazione, la scelta è stata quella di restare qui, in Italia, facendo del Made in Italy una responsabilità quotidiana.

Oggi il Parchettificio Garbelotto è guidato da Antonio e Renza insieme al figlio Marco. Una continuità familiare che non è solo successione, ma condivisione quotidiana. «Essere insieme in azienda – confessa – è un dono. Ogni mattina ci incontriamo, condividiamo problemi e successi. È la forza di una famiglia che non si divide». E in quel cognome – Garbelotto – c’è un patto con chi cammina sui loro pavimenti: come racconta Renza, quando il cliente sceglie il nome di famiglia, sceglie anche una promessa di cura e di responsabilità.

Guardando quella grande affissione a Milano, che annuncia la prossima apertura dello spazio Garbelotto in città, non si vede solo il volto di una donna. Si vede la storia di un’impresa che ha saputo innovare restando fedele a sé stessa. Si vede il coraggio di una scelta controcorrente, la determinazione di una famiglia che ha sempre creduto nel Paese, il rispetto per le persone e per la bellezza. Si vede, in una parola, l’anima luminosa del legno.

#ToBeContinued
Andrea Bettini