Lo storytelling è una straordinaria metodologia per far emergere l’anima di un’organizzazione aziendale. Il suo impatto è ancor più potente quando parliamo della sua applicazione nell’ambito del sociale. Non c’è da stupirsi di tutto ciò dal momento che proprio queste realtà hanno interiorizzato per la loro natura uno dei principi cardini che fa sì che una storia sia efficace: l’autenticità. Non c’è bisogno di filtri, di sovrastrutture per raccontare cosa c’è dietro ad un sentimento come la speranza. Come non è assolutamente necessario amplificare il dolore. Si tratta solo di porre uno sguardo e lasciare che le storie prendano forma e le emozioni possano scorrere. Più che altro serve uno sguardo sensibile che sia in grado di mettere insieme, a prescindere dal linguaggio utilizzato (parole, immagini, video, …), un processo narrativo armonico. Diciamo che nell’ambito sociale ci sono tutti gli ingredienti di prima qualità per raccontare una storia, dal momento che si fa leva sulle emozioni più ancestrali come l’amore e la vita, ma non sono sufficienti se questi elementi non vengono trasferiti con coerenza e semplicità.
In questi ultimi anni mi sono capitate tante bellissime realtà che lavorano nell’ambito del sociale. La maggior parte di esse nasce da chi ha vissuto in prima persona un dolore, difficoltà che sembravano insormontabili, ma che sono riuscite a tramutare in spunti vitali per condividere esperienze, sensibilizzare su determinati tematiche magari poco note e farsi da catalizzatori per raccolte di fondi necessarie per progredire nella ricerca soprattutto nel caso di malattie rare.
Tra le tante straordinarie persone che ho avuto il piacere di conoscere in questo ambito, cito l’ultima incontrata in ordine di tempo. Sarà complice la magia del Natale alle porte, ma quando pochi giorni fa ho fatto la conoscenza di Christian Barzazi, la sua storia è diventata anche mia e per questo mi fa piacere condividerla qui. L’avvocato Barzazi è vice-presidente di una bellissima realtà imprenditoriale nell’ambito dell’efficientamento energetico, il Gruppo Green Power. Da narratore d’impresa come sono, meriterebbe un approfondimento già questa eccellenza imprenditoriale. Ma l’avvocato Barzazi è anche e soprattutto il papà di Riccardo, un bellissimo bambino, che a causa di una asfissia perinatale ha subito una paralisi celebrale infantile. Secondo i medici, Riccardo non avrebbe potuto mai camminare, afferrare un oggetto, alimentarsi da solo e parlare. Christian e la moglie non demordono. S’informano, consultano vari specialisti, girano per il mondo, fino a scoprire e portare in Italia il Metodo Feldenkrais®, che facendo perno sul concetto di neuroplasticità, attraverso il movimento può aiutare a sviluppare le potenzialità di bambini e adulti colpiti da problemi neurologici. Nasce così la Fondazione Giovani Leoni, costituita dai fratelli Barzazi, con lo scopo di finanziare la ricerca in questo ambito e dare sostegno alle famiglie che si trovano a dover gestire questi accadimenti.
Christian mi parla di tutto ciò con una gioia e una luce negli occhi che sono l’anticamera di una componente essenziale della narrazione e delle stesse relazioni: l’empatia. Poi prima di sederci a tavola mi fa vedere un video e mi chiede: “Cosa ne pensi ti sembra un buon storytelling della nostra fondazione?”. Non trovo le parole per rispondergli. Faccio solo un cenno di assenso con la testa. Andiamo a pranzo insieme ad altri imprenditori. Quando arriva il mio momento di presentarmi non parlo di me, ma della Fondazione Giovani Leoni. Le parole di Christian e il video che mi aveva mostrato, avevano fatto ciò che deve fare una storia efficace: mi avevano agganciato emotivamente. Mancava solo la neve fuori, per poter dire che fosse stato il miracolo di Natale.
(Grazie a Renato Fabris, Alberto Loro e Stefano Lazzaro di Azimut, organizzatori di quel pranzo di Natale e che mi hanno permesso di conoscere questa bellissima storia).