
Ci sono momenti in cui il tempo rallenta. Non si ferma, ma sospende il respiro. Un finestrino d’aereo, una città che sfuma sotto le nuvole, un sogno che prende quota.
Roberto Fantauzzi lo sa bene: è in quei frammenti sospesi che si accende l’immaginazione. Lì nascono i format, si intuiscono i trend, si disegnano mondi che ancora non esistono. «Io sogno ad occhi aperti mentre volo. E poi, quando atterro, comincio a costruire», dice con naturalezza.
Oggi quel sogno ha un nome e un riconoscimento pubblico: Italian Event Ambassador al BEA, il più importante premio italiano dedicato all’eccellenza negli eventi e nella comunicazione dal vivo. A consegnarglielo è il Ministro del Made in Italy Adolfo Urso.
Ma la scena non è solo sua: è la scena di un’impresa nata con quattro scrivanie in un ufficio di 30 metri quadri, e diventata – dati alla mano – una delle prime cinque aziende italiane per crescita nel triennio 2021–2024 secondo Il Sole 24 Ore (classifica Lab24), e settima nella classifica Similarweb per siti leisure e turismo più visitati in America.
Ecco perché questa storia meritava una seconda puntata (la prima la trovate qui).
Perché da allora Lux Entertainment non si è fermata. Anzi, ha accelerato, diventando un punto di riferimento per l’italianità creativa nel mondo. A sostenerla in questo percorso è anche SIMEST – Cassa Depositi e Prestiti, che ha scelto di entrare nel capitale dell’azienda per accompagnarne l’internazionalizzazione. Un supporto che va oltre il finanziamento: «Quando arrivo negli Stati Uniti – racconta Fantauzzi – mi accolgono gli ambasciatori. Grazie a SIMEST siamo diventati non solo impresa, ma rappresentanza ufficiale del nostro Paese».
Ma l’italianità, spiega Roberto, è apprezzata davvero quando diventa azione locale. «Gli americani non ti dicono “non venire”, ti dicono “vieni a produrre qui”. Non esportare solo l’eccellenza, costruiscila sul posto. Crea economia. Dai lavoro. Entra nel sistema. E se lo fai, ti spalancano le porte».
Ed è ciò che Lux sta facendo. Con due sedi permanenti in arrivo a New York – tra cui l’iconico 23 Wall Street – e una roadmap che guarda a una quotazione internazionale, probabilmente al Nasdaq. «Non perché vogliamo negare le nostre origini italiane, ma perché il nostro orizzonte di sviluppo è globale. E il mercato ci sta già leggendo così».
Nel frattempo, continua a innovare. Un esempio? La biglietteria proprietaria sviluppata internamente, una sfida ai due colossi mondiali del ticketing, che ha attirato l’attenzione internazionale rompendo gli schemi del settore. «Spendere 4 o 5 milioni l’anno per usare piattaforme esterne non aveva più senso. Oggi gestiamo tutto internamente, con un nostro dipartimento tech. È questo lo spirito: visione, autonomia, velocità».
Dietro ai numeri, però, ci sono volti. E sono i primi che Roberto vuole ringraziare: Alessia Petrangeli, scenografa di livello internazionale che ha lasciato il cinema per unirsi al team; Federica Di Paola, Matteo Murzi, Stefano Achilli, cresciuti verticalmente insieme all’azienda, formati nella “cantera” interna di Lux. E poi i soci fondatori: Vanessa Arcangeli, Andrea Lucentini, Josè Linguella, con cui tutto è cominciato. «Eravamo in quattro, in un piccolo ufficio con grandi idee. Tre ragazzi e una ragazza che hanno creduto in un sogno prima ancora che avesse un nome».
Oggi Fantauzzi passa metà dell’anno a New York, ma quando è in volo – tra Chicago, Dallas, Singapore o Roma – i pensieri non si fermano mai. «Ho ancora sei o sette format nel cassetto. Alcuni li sogno proprio in quota, quando il mondo si fa piccolo e io riesco a immaginarne uno nuovo, più grande. È lì che raccolgo le idee per far divertire le persone. Soprattutto i bambini».
E mentre il mondo sotto di lui cambia forma, nella cabina di un aereo, i sogni continuano a prendere quota. Con lui, i suoi due direttori creativi – Riccardo Lionello e Fabio Fantauzzi – con cui sta già immaginando nuovi format, nuovi linguaggi, nuove meraviglie da costruire.
Perché in fondo, chi sogna ad occhi aperti, vede le cose prima degli altri. E se ha la squadra giusta, riesce anche a costruirle.
#ToBeContinued
Andrea Bettini