
Michela Pancaldi, Presidente e Responsabile dell’area tecnica e commerciale di Tecnocupole Pancaldi
C’è un gesto semplice, oggi quasi fuori dal tempo, che racconta meglio di tanti numeri l’identità di Tecnocupole Pancaldi: il telefono che squilla e, dall’altra parte, qualcuno che risponde. Lo fa davvero. E spesso è una voce che conosce bene l’azienda, perché lì ci lavora da una vita, e non solo per dire.
Succede a Castel San Pietro Terme, Bologna, in un’azienda che da 67 anni dà forma alla luce. Fondata nel 1958 da Gianni e Luigi Pancaldi, due fratelli arrivati dalla provincia di Ferrara, Tecnocupole Pancaldi nasce in un’epoca in cui la plastica era ancora una promessa e non un problema. All’inizio non c’erano lucernari, ma plafoniere. Poi, con l’evoluzione dei materiali e dell’edilizia industriale, arrivarono le cupole in metacrilato, sostituto leggero e stabile del vetro.
Oggi l’azienda produce sistemi per l’illuminazione zenitale e dispositivi per la ventilazione e l’evacuazione dei fumi in caso d’incendio, lavorando ogni anno migliaia di cupole termoformate in policarbonato, tonnellate di acciaio, profili in alluminio, e gestendo l’intero ciclo: dalla progettazione all’installazione. Una realtà specializzata, strutturata, che guarda al futuro con concretezza.
Ma è nella dimensione umana che questa storia si accende.
Alla guida dell’azienda ci sono oggi le figlie dei fondatori: Michela Pancaldi, presidente e responsabile dell’area tecnica e commerciale; la sorella Elena, direttrice della produzione; le cugine Laura e Antonella, rispettivamente alla guida del controllo di gestione e dell’amministrazione. Una doppia coppia, come all’origine furono due fratelli. Un modello familiare ma con ruoli ben definiti, responsabilità chiare, una governance consapevole.
“Se non impari a scindere le persone dai ruoli aziendali, non puoi costruire nulla di solido”, racconta Michela. E il passaggio generazionale, così spesso carico di incognite e fragilità, in questo caso è stato accompagnato con equilibrio: dai fondatori, presenti ma non invadenti, e da professionisti esterni che hanno aiutato a formare le nuove leve con metodo e visione.
La forza dell’azienda sta nella sua capacità di evolvere, restando fedele a sé stessa. C’è un filo continuo che lega la zucca cotta nel forno industriale dal padre Gianni – quando le macchine si spegnevano – alla gestione 4.0 delle nuove linee automatizzate. Oggi tutti gli impianti sono interconnessi, monitorati, aggiornati. Ma la cultura del lavoro resta quella di una volta: turnover inferiore al 2%, formazione continua, attenzione alle persone.
Accanto alla funzione estetica e funzionale della luce zenitale, i prodotti di Tecnocupole Pancaldi svolgono oggi un ruolo fondamentale nella sicurezza degli ambienti industriali e commerciali. Le cupole sono diventate dispositivi attivi per la gestione delle emergenze: si aprono in caso d’incendio, favorendo l’evacuazione dei fumi e garantendo visibilità e percorsi di fuga sicuri. Una responsabilità progettuale importante, che ha richiesto aggiornamenti tecnici, normativi e culturali.
“Quando si lavora sul tetto di un edificio, spesso invisibili agli occhi, si ha una responsabilità doppia: verso ciò che si costruisce e verso le vite che ne dipendono” ci condivide Michela.
E poi c’è la sostenibilità. Oggi Tecnocupole Pancaldi, pur non essendo obbligata per dimensione al bilancio ESG, ha avviato un percorso concreto che punta all’etichettatura ambientale di prodotto. In collaborazione con l’Università di Bologna e una startup specializzata, ha sviluppato un programma di ecodesign: cupole che durano di più, che si sporcano meno, e che – a fine vita – possono essere ritirate, rilavorate e reimmesse nel ciclo produttivo per dar vita a nuovi componenti.
Un lavoro complesso, che costa più del materiale vergine. Ma che risponde a un principio etico: non si fa solo ciò che conviene, ma ciò che ha senso. Anche quando è faticoso. Anche quando il mercato non è pronto.
E il futuro? Non c’è una nuova generazione già pronta, ma la riflessione è aperta. “Pensarci è un dovere, anche se non è semplice. Perché fare un passaggio generazionale oggi richiede tempo, energia e coraggio. Ma è un segno di rispetto verso l’azienda e verso le persone che la abitano”.
Perché ci sono storie d’impresa che non hanno bisogno di effetti speciali. Basta una telefonata. E una voce vera che risponda dall’altra parte.
#ToBeContinued