“Mi raccomando lei deve essere come una spugna… osservi, chieda, impari e non smetta mai di essere curioso”. Era il 1998 e questa frase ancora oggi rappresenta per me un chiaro messaggio. A rivolgermela era stata l’allora responsabile dell’ufficio stage della Camera di Commercio di Verona, alla presenza di colui che sarebbe stato il mio tutor prima, il mio primo datore di lavoro immediatamente dopo, un grande amico per sempre.
Quel messaggio era chiaro perché rappresentava un approccio al fare le cose. A prescindere dalla contrattualistica che avrebbe formalizzato quello che stavo andando a fare, si sarebbe dimostrato un prezioso consiglio che per fare bene un lavoro lo devi sentire tuo. Non conta tanto l’etichetta stagista, dipendente, collaboratore, consulente o altro ancora, quello che conta è la propensione all’imprenditorialità. Fare bene il proprio compitino non bastava nel ’98, figuriamoci oggi. Bisogna essere imprenditori di se stessi.
Ma tutto ciò cosa c’entra con la narrazione? Tutto. Perché come un’azienda anche la singola persona ha la necessità di raccontare cosa sa fare, come lo sa fare e perché quello che fa risulta unico rispetto ad altri. È questo quello che viene denominato Personal Storytelling. La soggettiva si sposta da un’impresa strutturata ad un’impresa “individuale”, ma ciò che non viene toccata è la centralità della persona.
Questo tema del Personal Storytelling è sempre più presente anche nelle libere professioni. Avvocati, ingegneri o architetti, hanno sempre più necessità di raccontare il valore che sta dietro a ciò che fanno. Venute meno le barriere protettive di ordini, collegi o albi professionali, ecco che ci si ritrova a dover competere ad armi pari. In un contesto di questo tipo conta assolutamente ciò che sai fare, ma anche la capacità di raccontarlo. Se molte di queste professioni erano legate al passa parola, ora questo va alimentato con una coerente narrazione di ciò che si fa, ma soprattutto di ciò che si è.
È per questo che sempre più spesso la tecnica dello storytelling viene utilizzata non solo a livello Corporate, ma pure a livello individuale. Se io sono uno straordinario progettista, ma non ho la capacità di condividere le mie realizzazione con gli altri è un’occasione persa. Un’occasione persa per farsi conoscere. Un’occasione persa per crescere professionalmente. Non dobbiamo vendere nulla, ma raccontare al meglio la passione, la preparazione e l’impegno che c’è dietro ad ogni singola realizzazione.
Già da anni si parla di Personal Branding, un po’ meno di Personal Storytelling, ma le due cose hanno una stretta correlazione. In tutto ciò c’è un unico pericolo da evitare che va sotto il nome di individualismo ed egocentrismo. Il racconto in questo caso è del singolo, ma è un racconto che s’intreccia con le storie delle altre persone che ci circondano. C’è una comunità. C’è un contesto sociale. Perdere di vista questo significherebbe creare personaggi, mentre il Personale Storytelling deve evidenziare l’anima di una persona. Pregi e difetti compresi.