Cronaca di una storia annunciata

NarrAbility - IV Convegno Nazionale di Storytelling
Venerdì scorso si è tenuto a Milano, presso il Nuovo Teatro Ariberto di Milano, il IV Convegno Nazionale di Storytelling dell’Osservatorio Storytelling, dal titolo “NarrAbility – Sai raccontare la tua storia?”. Quest’anno il convegno era dedicato al tema delle competenze narrative presenti nel nostro quotidiano. Un appuntamento al quale non potevo mancare. Ed è così che alle 5.15 suona la sveglia che dà inizio a questo straordinario viaggio.
 
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Quando esci di casa che è buio, molto buio e sai che tornerai che sarà già notte, il pensiero va rivolto a ciò che accadrà durante la giornata di luce. La stanchezza fa un rispettoso passo indietro e l’entusiasmo inizia a prendere il sopravvento. E questo accade perché, per chi narra storie, poter andare in un luogo dove si parlerà solo di esse è un po’ come dire ad un bambino che sta per essere accompagnato a Gardaland, tanto per citare uno dei luoghi sfiorati dal Frecciabianca Venezia – Milano. È così che alle 6:50 ti ritrovi sul binario 7 della Stazione Santa Lucia pronto a partire e alle 9:25 corri per la Centrale per raggiungere la Metro. Quindici minuti della “verde”. L’uscita sbagliata. L’informazione di un passante che dovevi sapere che non poteva essere attendibile ed eccoti in Via Daniele Crespi con un’ora di ritardo.
Varchi la soglia del teatro e mentre cerchi un posto, ancora tutto trafelato, viene annunciato sul palco Lorenzo Gangarossa, dell’Indiana Production, che presenta il progetto “Italy in a day”. Ti rendi subito conto che sei nel posto giusto. Mentre scorrono alcune delle immagini del primo social movie italiano diretto da Gabriele Salvatores il battito del cuore ancora sollecitato dalle corse, non rallenta, ma la sua velocità assume un significato diverso. È un battito d’emozione e non più di sforzo fisico. Ti viene in mente quando l’avevi visto in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia e ascolti con dedizione le dinamiche che stanno dietro alla sua realizzazione. Il coinvolgimento degli utenti. Le modalità di selezione dei contributi. I perché di un successo che ora sarà replicato anche in altri Paesi. Nemmeno il tempo di immortalare il frame con i saluti dell’uomo delle stelle, Luca Parmitano anche lui tra i protagonisti della pellicola, che sul palco salgono Francesca Conti e Manuele Cecconello, ideatori del progetto “Storie di Lana”. Dallo spazio vengo catapultato a Biella, ma soprattutto atterro su un’interessante progetto dove lo storytelling è lo strumento di un programma di innovazione sociale che integra produzione, cultura e turismo. Antichi luoghi di lavorazione della lana ora dismessi, ritrovano nuova vita attraverso un’associazione culturale, che in una visione quasi “olivettiana”, mette insieme la conoscenza, lo sviluppo, la ricerca, la formazione della cultura della lana con la fabbrica, il paese ed il territorio.
Dopo una veloce pausa, ecco un’applicazione dello storytelling in un ambito che seppur ti aspetti, ne hai comunque una visione riduttiva. “Che cosa c’entrano i medici con le storie?”, pone questo interrogativo Micaela Castiglioni, Ricercatrice e Docente di Educazione Permanente e degli Adulti e di Pedagogia Generale all’Università degli Studi di Milano, Bicocca. Ma è dalla sua risposta che si ampliano i tuoi orizzonti di conoscenza. Utilizzare lo storytelling in ambito terapeutico è una cosa indiscussa, ciò che stupisce però è come tale metodologia narrativa possa aiutare anche i medici. Proprio così lo storytelling utilizzato da chi deve seguire un paziente. Lo storytelling per cambiare la modalità di approccio nei confronti di un paziente, modificare il linguaggio nel dialogare con lui. Il paziente non più solo come cartella clinica. Il paziente è una storia, la sua che va ascoltata e rispettata. Forse per questo Micaela Castiglioni conclude il suo intervento con l’auspicio che in qualunque corso di Medicina sia previsto un modulo dedicato alla storytelling, mirato a migliorare il rapporto tra medico e paziente.
Dalla medicina al Temporary Management. Il salto è notevole, ma la sorpresa ancora di più. Una sorpresa data da un bell’intervento di Alessandro Lotto, un Temporary Manager, che ti fa una presentazione inaspettata. Ti fa capire cosa significhi il suo lavoro. Ti accompagna “sul campo” di una delle sue esperienze dove ci sono alleati e soprattutto avversari. Dove però anche qui le tecniche narrative possono aiutare nella gestione dell’energia di protagonisti di un’azienda che si trovano a dover far fronte ad una situazione d’emergenza e di cambiamento. Dove il Temporary Manager ha un ruolo chiave, ma che senza la conquista della fiducia degli avversari difficilmente riuscirà nel suo compito.
Poi arriva il momento di un amico. Il suo nome è Massimo Benedetti e sarà lui a coinvolgere magistralmente il pubblico in un viaggio alla scoperta della “Strada del Riso Vercellese di Qualità”. È qui che ti rendi conto di quanto sia importante la narrazione nella promozione di un territorio. È in un progetto come questo, in cui si parla del territorio attraverso la sua risorsa principale qual è il riso, che emergono le storie di un patrimonio umano legato ad un’intera comunità. È con questo tipo di iniziative che si riesce a condividere con altri, gli aspetti di una terra caratterizzata da una coltura, che più che mai può essere associata (e non solo per assonanza) al termine cultura. Il piacere della scoperta. Una scoperta che trova la sua naturale grammatica attraverso l’intelligente applicazione dello storytelling, come Massimo sa fare.
Dopo il riso arriva pure la pausa pranzo. Un momento per salutare tante delle persone che magari quotidianamente s’incontrano sul web e poi pronti a riprendere gli incontri. Finalmente ho il piacere di sentire anche Alessandra Cosso e Andrea Fontana, rispettivamente Direttore e Presidente Osservatorio Storytelling, che mi ero perso all’inizio per mio colpevole ritardo. Forniscono una veloce panoramica di quali potrebbero essere i prossimi sentieri da percorrere da parte dell’Osservatorio, prima di passare la parola a Martino Gozzi, Direttore organizzativo presso la Scuola Holden. Non può che essere una lezione. Una di quelle che ti fa capire ancora meglio cos’è che fai e perché lo fai. Martino Gozzi parla del montaggio e dell’esperienza in una storia. Il suo intervento ha come titolo lo storytelling in nove scene memorabili. Il suo intervento non può che consistere in una serie di appunti presi per migliorare ciò che quotidianamente si fa per chi è tessitore di storie.
Dalle storie non si può esimere un museo. Ed è così che Elisa Tessaro, referente web e nuovi media del MUSE, il Museo delle Scienze di Trento, racconta di quali sono gli “esperimenti” di storytelling che si attuano nel suo museo. Un museo che ha in esplora, impara, partecipa e visita i suoi fondamenti, ma soprattutto un museo che fa, ancora una volta, dell’esperienza in loco l’incipit per narrare nuove storie. Storie di percorsi espositivi. Storie dei ragazzi che lo visitano. Storie di personaggi che si trovano a viverlo anche solo per un giorno. Il tutto attraverso una forte presenza social, che veicola ed amplifica ciò che accade in questo straordinario spazio, progettato dall’architetto Renzo Piano.
Poi arriva il momento di Daniele Chieffi, Web Media Relations Manager di ENI. Ed è proprio lui a confermare, qualora ce ne fosse stato bisogno, quanto sia cambiato il modo di raccontare un’azienda con l’avvento dei Social Media. Da un’informazione da comunicato stampa ad una strutturazione di un racconto per entrare in empatia con l’audience di un’azienda. Non è semplice la gestione delle PR online oggi, soprattutto se magari le aziende delle quali devi comunicare sono “ingombranti”. Ma al di là di questo c’è un aspetto basilare, dal quale non si può prescindere: l’ascolto. Prima di comunicare devi saper ascoltare cosa hanno da dire i diversi pubblici con i quali ti trovi a dover confrontare.
Prima di arrivare alla conclusione del convegno però altre due accelerazioni emotive. La prima a darla è Diana Bertoldi, una reggiana trapiantata in Scozia che ci trasporta in un magico mondo. Lei che di professione fa la storyteller, ci racconta del Wild Storytelling, di come la connessione con il territorio naturale chiama a raccolta l’istinto per plasmare ed amplificare le possibilità narrative. Le sue parole sono un susseguirsi di stimoli. Parla rigorosamente scalza sul palco del Teatro Ariberto. Ma è la sua anima che riesce a mettere a nudo ed a condividere con tutti i presenti. “Tutte le storie sono vere, alcune si sono realizzate”, dice Diana e con questa frase non si può che sognare.
Ma ogni sogno ha bisogno di una colonna sonora. Ogni conclusione ha bisogno di un gran finale. Forse è per questo che a concludere questo convegno viene riservato l’onore a Davide Tiso. Lui professore di Informatica musicale presso il Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia, ci presenta il Sound Storytelling. Che cos’è e come si crea partendo da una visione psico-percettiva. Per fare ciò coinvolge tutti i presenti in un intervento che sfiora una performance teatrale degna di una standing ovation. Quello della musica nella costruzione di una storia è un tema troppo interessante (Davide mi sa che ci risentiremo presto). Dopodiché non mi rimane che riprendere a correre. C’è un altro treno che mi attende. Come in tutti i viaggi, anche se di un solo giorno, ho con me una valigia piena di ricordi. Ricordi che prossimamente vorrei condividere con voi in maniera più amplia e dettagliata. Devo solo riprendere fiato. Rincorrere un treno in partenza non fa per me.