Superata Vittorio Veneto, dopo un paio di chilometri, svolto a sinistra. La strada inizia lentamente ad arrampicarsi. È una di quelle sere dove l’estate non sembra essere mai arrivata. I tergicristalli continuano il loro oscillare e la pioggia frena la sua caduta toccando terra. Un paio di curve e una manciata di minuti, poi l’insegna Revine Lago. Parcheggio l’auto. Pure le gocce rallentano la loro venuta fino a fermarne definitivamente la loro discesa dal cielo. Mi aggiro per questo borgo che nel lago ha la sua naturale estensione. Ha qualcosa di paradisiaco questo luogo. In ogni angolo tracce di ciò è questo evento. Si tratta del Lago Film Fest, il Festival Internazionale di Cortometraggi, Documentari e Sceneggiature, giunto alla sua decima edizione.
È la prima volta che mi trovo lì. È la prima volta che ammiro come un evento possa entrare in perfetta simbiosi con il luogo che lo ospita. Le condizioni avverse non mi permettono di viverlo nella sua dimensione di festival all’aperto, ma mi fornisce sensazioni che non sono da meno. Più intimistiche, ma di una straordinaria bellezza.
Nella piazza centrale c’è un gruppo di ragazzi, tra loro c’è pure lui. Achille Zambon è il suo nome, è lui che mi ha invitato ad uno dei tanti appuntamenti di questa rassegna. Achille, da poco laureato e socio di Marketers Club, una dinamica associazione universitaria che fa della condivisione delle idee il suo punto di forza, ma questa è un’altra storia. Il talk che condurrà da lì a qualche minuto Achille ha un tema a me particolarmente caro. Il titolo è “Ceci n’est pas un product placement”, l’argomento quello del Corporate Storytelling attraverso la narrazione cinematografica. La tesi sulla quale verte l’esposizione di Achille va nella direzione di cercare delle risposte ai seguenti interrogativi: “Perché a un’azienda converrebbe fare cinema? Si possono raccontare identità, visioni, valori e prodotti come si racconterebbe una bella storia? Ci sono, in azienda, interstizi – materiali o immaginari – da cui far germinare in modo autentico dei buoni racconti per lo schermo?”
Ci spostiamo nella sala interna, soluzione alternativa in caso di mal tempo. Da lì Achille inizia la sua presentazione. In modo puntuale, attraverso l’enunciazione di dati, la visione di poche slide, ma soprattutto la proiezione di alcuni short movie, Achille riesce ben presto a trasferire l’importanza del fenomeno del branded film. È chiaro il passaggio da ciò che è pubblicità sotto forma di spot al comunicare i valori di un prodotto, di un’azienda, di un brand, attraverso l’applicazione della narrativa cinematografica. Qui il concetto di product placement è passato. È superato. I branded film aprono uno scenario dove al centro c’è il racconto, un racconto in grado di creare una completa immersione nei suoi spettatori. Da un punto di vista aziendale è la possibilità di trasferire a potenziali clienti contenuti in modo empatico difficilmente possibile con una pubblicità tradizionale. Da un punto di vista creativo, la possibilità di sperimentare e di trovare nuove opportunità di parthership con imprese. Poi c’è la componente tecnologica, la sua accessibilità ed economicità, permette una produzione di video professionali sempre più evoluti, oltre che lo spostamento sempre maggiori di utenti dalla televisione al web offre una distribuzione e condivisione online, dai costi potenzialmente pari a zero. Su un punto Achille si sofferma, si tratta della necessità di utilizzare i linguaggi e la grammatica cinematografica adatta per un pubblico sempre più digitale.
Sono diversi i casi presentati. Dalla storica campagna BMW “The Hire” al caso 55DSL con “Kids in Italia”, una serie quest’ultima di cortometraggi per veicolare un’idea di Made in Italy diversa ad un pubblico di giovani, fino ad arrivare a “Worn Wear” di Patagonia, un vero e proprio documentario, attraverso il quale una serie di “registi/brand ambassador” hanno raccontato i valori intrinseci al marchio. Ma non solo grandi brand. Emblematico è il caso della Keyline, un’azienda trevigiana che realizza chiavi e che non si rivolge a dei consumatori finali, che ha realizzato uno short movie per trasferire la lunga storia della sua impresa. Video questo che ha avuto una duplice finalità. Verso l’esterno per comunicare il valore di un’azienda presente da tempo sul mercato e verso l’interno per consolidare quel senso di appartenenza, da parte di tutti i suoi dipendenti.
Le conclusioni di questo incontro non possono essere che queste, come cita Achille Zambon: “I. C’è una storia da raccontare anche dove non te lo aspetti II. se non la racconti, non esiste III. Se la racconti col linguaggio e i mezzi (sempre più accessibili) del cinema, anche meglio”. Tutto ciò è branded film e non product placement.
Il tempo è volato. Le 23 si stanno avvicinando ed io, quasi come la protagonista di una nota favola devo rientrare. La mia carrozza si chiama Ferry Boat. Ho un’isola da raggiungere. Saluto Achille complimentandomi per l’ottimo lavoro, non prima di averlo ringraziato per avermi fatto scoprire Revine Lago e il suo Lago Film Fest. Tornerò. Non è una promessa, ma l’incipit per una nuova storia, perché in questo luogo di storie da raccontare ce ne sono diverse.