Luca Massimo Barbero – La storia dell’arte non è passato, ma memoria

Luca Massimo Barbero, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini
Luca Massimo Barbero, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini

 

C’è un autoritratto di Giorgio de Chirico, datato 1924, che sembra trattenere il respiro del tempo. L’artista vi appare come sospeso tra due stati: metà in bianco e nero, come una figura che si sta congelando; metà ancora di carne, viva, attraversata da una luce calda che resiste. «È un autoritratto serioso e ironico — racconta Luca Massimo Barberoin cui il maestro gioca con le temperature del tempo. Genio irriverente.»

Forse non esiste immagine più adatta per descrivere lui stesso: uno storico dell’arte che da sempre si muove tra la solidità della memoria e il respiro del presente, tra ciò che si conserva e ciò che continua a trasformarsi.

Nato a Torino, ma veneziano d’adozione, Barbero ha scelto Ca’ Foscari per laurearsi in Storia e Critica delle Arti Visive e da allora, Venezia è diventata la sua casa, il suo laboratorio e la sua lente sul mondo. Oggi è Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini e Curatore Associato delle collezioni d’Arte Moderna e Contemporanea di Intesa Sanpaolo. Ma il suo percorso affonda le radici in una città che, come ama dire, «ti permette di viaggiare senza spostarti».

È qui che ha incontrato una delle figure più decisive della sua formazione: Giuseppe Mazzariol, un maestro capace di insegnare che l’arte non va studiata soltanto, ma vissuta. «Era un uomo di un’intelligenza analitica rara — ricorda — capace di fondere poesia e rigore. Ci trasmetteva curiosità, non nozioni. Le sue lezioni erano viaggi: ci portava a vedere Veronese a San Sebastiano, a due passi dall’aula, o le mostre di contemporaneo alla Biennale. Ci insegnava a guardare e ad ascoltare.»

Prima ancora di arrivare a Venezia, la sua curiosità era già in cammino. Già da adolescente pubblicava racconti e fotografie, come se la parola e l’immagine fossero due facce dello stesso sguardo: due linguaggi diversi, ma mossi dalla stessa urgenza di raccontare.

Da allora, Barbero non ha mai smesso di viaggiare, dentro e fuori le opere. Si definisce “cacciatore di immagini”, un cercatore di senso che restituisce al pubblico ciò che ha trovato. Le sue mostre — come quella con Peter Greenaway a Palazzo Fortuny, dove un regista incontra un luogo abitato dalla luce, dalla fotografia e dall’invenzione — raccontano proprio questa idea di arte come esperienza viva, dialogante, mai confinata in un manuale.

«La storia dell’arte non è passato, è memoria. E la memoria è sempre al presente.» È questa convinzione a guidarlo nel suo lavoro di curatore e studioso, anche nei quindici anni trascorsi alla Collezione Peggy Guggenheim, dove ha intrecciato l’arte americana del dopoguerra con quella europea, cancellando le barriere tra le due sponde dell’oceano.

Tra i suoi grandi amori c’è Lucio Fontana, del quale è tra i massimi studiosi e consulente scientifico della Fondazione Lucio Fontana. Ne conosce ogni segno, ogni gesto, ogni taglio. Ma ciò che lo affascina non è solo la materia, quanto la tensione spirituale che la attraversa. Come De Chirico, anche Fontana appartiene a quella categoria di artisti “bisbetici” — così li definisce — che non cercano consenso, ma riflessione. «Mi piacciono gli artisti complessi, contraddittori. Quelli che costringono a pensare. L’opera deve essere un dispositivo per il pensiero, non solo un oggetto da guardare.»

Nel suo sguardo, l’arte non è mai cronaca, semmai presagio: una finestra da cui intravedere ciò che ancora non è accaduto. Ed è per questo che continua a dedicarsi a mostre, collezioni, insegnamento e studio con la stessa curiosità di quando, ragazzino, ritagliava immagini d’arte dai giornali per conservarle come frammenti di un mondo da scoprire.

Non a caso considera la Biennale di Venezia una delle sue culle formative, il luogo dove ha imparato che l’arte non è mai conclusa, ma continuamente in divenire. «Mi entusiasma ancora l’inesausta vitalità della storia dell’arte e del contemporaneo» confessa, con l’energia di chi non ha mai smesso di meravigliarsi.

Oggi è tra i curatori della 18ª Quadriennale d’Arte di Roma, da poco inaugurata, ulteriore tappa di un percorso che continua a intrecciare memoria e contemporaneità. Ma più di ogni altra cosa, desidera trasmettere la memoria alle nuove generazioni, «viaggiando nel mondo per raccontare la necessità dell’arte». Perché per lui, l’arte non è soltanto una disciplina o un mestiere: è una forma di vita.

Come l’acqua che circonda Venezia — che lui stesso definisce “il mio analista” — non sta mai ferma. Scorre, riflette, unisce passato e presente. E in quella corrente, Luca Massimo Barbero continua a cercare immagini, a restituirle al mondo, a ricordarci che la bellezza non si contempla: si attraversa.

 

(Ph. Credits: Matteo De Fina, courtesy The Human Safety Net)

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Andrea Bettini