
“Chi sono?” Se glielo chiedi, Emilia Garito non ti risponderà con una biografia preconfezionata. Anzi, con un sorriso sincero ammetterà: «Non lo so». Un tempo questa incertezza poteva sembrare un limite, oggi è invece la cifra più autentica del suo percorso. Perché proprio dal non sentirsi mai ingabbiata in una definizione ha tratto la forza di sperimentare, rischiare, creare.
La sua bussola è sempre stata la curiosità. Così, dopo un liceo classico e una passione per la filosofia, decide di iscriversi a ingegneria informatica. Una scelta che spiazza tutti, compresi i professori: “Ma sei matta?”, le dissero. Proprio per questo capì che doveva provarci. Da lì comincia un filo rosso inatteso, che la porterà a tenere insieme discipline diverse, mondi diversi, persone diverse.
La sua carriera inizia in Finmeccanica, nel settore difesa. Qui, giovanissima project manager, dimostra subito di saper vedere ciò che altri trascurano: un diagramma di flusso disegnato da lei salva un contratto milionario da penali sicure. Da quel momento non è più una “ragazzina alle prime armi”, ma una risorsa capace di risolvere problemi. Quando dopo l’11 settembre l’Italia alza i livelli di sorveglianza, Emilia è sul campo a lavorare con l’Aeronautica Militare. In quell’ambiente, racconta, non si sentì mai discriminata: «Per loro contava una sola cosa, che le cose funzionassero… e io ero lì per quello».
Eppure, accanto alle soddisfazioni, arrivano anche frustrazioni. In America, davanti alla prospettiva per Finmeccanica di acquisire la statunitense DRS Technologies, lei propone un’alternativa: valorizzare con il licensing i gioielli elettro-ottici italiani, più competitivi e scalabili. Una visione lucida, che non viene ascoltata. L’acquisizione si rivelerà un errore e per Emilia è la conferma che il suo futuro non è più lì.
Nasce così Quantum Leap. Un’idea semplice ma rivoluzionaria: fare trasferimento tecnologico in un Paese che non aveva ancora sviluppato questa cultura. All’inizio mancano i brevetti, mancano i clienti, mancano perfino i soldi. C’è solo un piccolo ufficio di 65 metri quadri, popolato da stagisti, volontari, persino un giovane arrivato dall’India per imparare. Un caos creativo da cui prendono forma progetti come Regala un albero e un modello innovativo di valorizzazione dei brevetti: l’IP Life Cycle Management, da lei brevettato come modello di utilità. Un approccio basato sul project management, che diventa il cuore di Quantum Leap.
Accanto a questa sfida, Emilia porta a Roma il TEDx. Non un business, ma pura filantropia: un modo per condividere idee, aprire possibilità, mettere in connessione mondi e persone. Una palestra che le ha insegnato ancora una volta a organizzare, coordinare, dare forma ai sogni.
Poi il passo successivo: la nascita di Deep Ocean Capital SGR, la società di gestione che ha creato un fondo di venture capital dedicato al deep tech. È l’evoluzione naturale del suo percorso: dall’industria alla consulenza, fino alla finanza. Sempre con lo stesso obiettivo: trasformare la conoscenza in valore, la ricerca in impresa, l’innovazione in futuro.
Perché al centro della sua visione c’è l’Italia. Non quella raccontata soltanto come patria di cibo, moda e turismo, ma quella che produce eccellenza tecnologica e scientifica. Emilia cita spesso i dati: la Francia ha investito miliardi per diventare leader negli investimenti tecnologici europei, ma ha raccolto risultati solo a fronte di un costo enorme. L’Italia, pur senza politiche industriali dedicate, con risorse infinitamente inferiori ha raggiunto ritorni proporzionalmente altissimi. «Se investissimo davvero sulle nostre competenze» afferma, «diventeremmo il faro tecnologico d’Europa».
Dietro l’imprenditrice resta però anche la madre. Due figlie ormai grandi e forse un rimpianto: non averle accompagnate abbastanza nei piccoli momenti quotidiani. Un pensiero che la porta a una riflessione netta: «Non credo che la società si regga sulla parità di genere, ma sul rispetto delle differenze. Se una donna sceglie di mettere la propria genialità nel fare la mamma, va onorata quella scelta».
Forse il segreto sta tutto qui: nel non aver mai detto “no” di fronte a un’opportunità, nel credere che valesse la pena provarci anche senza protezioni. Curiosità, coraggio, visione. Emilia Garito ha costruito il suo percorso così. Ed è la stessa bussola a guidarla ancora oggi, tra nuove sfide e nuovi sogni. E se potesse incontrare quella ragazza diciottenne che si affacciava alla vita con la testa piena di filosofia e il cuore pronto a sfidare l’impossibile, le direbbe soltanto: «Rimani te stessa, rimani forte come sei adesso».
Perché in fondo, il futuro, è solo un’altra occasione per continuare a domandarsi chi siamo.
#ToBeContinued
Andrea Bettini