
Se gli chiedi chi è Ernesto Belisario, lui risponde sorridendo: “Un nerd”. Eppure dietro quella parola si nasconde molto di più. La sua è la storia di un uomo che ha unito due passioni apparentemente inconciliabili – diritto e tecnologia – trasformandole in una professione che oggi lo colloca tra i più autorevoli esperti italiani di diritto delle tecnologie.
Tutto comincia presto, a otto anni, quando il nonno gli regala un Commodore 64. Prima i giochi, poi la voglia di capire, di programmare, di smontare e rimontare logiche e linguaggi. Qualche anno dopo, a sorpresa, si innamora anche del diritto. All’università arriva l’incontro decisivo con Renato Borruso, padre dell’informatica giuridica in Italia, che lo incoraggia a unire quelle due passioni. Un’intuizione che si rivelerà profetica.
All’inizio non è stato facile. Parlare di diritto e informatica nei primi anni Duemila sembrava un azzardo. “Farai la fame”, gli dicevano. Ma Ernesto non si lascia scoraggiare: nel 2005 apre un blog – quando ancora gli avvocati non si raccontavano online – e si butta nella sperimentazione con i primi social media. Quella scelta, allora controcorrente, gli permette di costruire una rete di relazioni che oggi attraversa il mondo.
C’è un tratto che lo accompagna sempre: la perseveranza. “Sono lucano – racconta – e ho nelle radici l’immagine del contadino che si alza ogni giorno alle cinque, con il sole o con la pioggia, sapendo che un anno il raccolto sarà migliore e un anno peggiore, ma che il lavoro costante paga sempre”. È lo stesso spirito che lo porta, insieme ad altri colleghi, a fondare E-Lex: lo studio legale che oggi conta 35 persone ed è considerato un punto di riferimento in Italia per il diritto delle tecnologie.
Curiosità e disciplina sono la sua cifra. Ogni domenica pubblica una newsletter, un esercizio che per lui è prima di tutto un impegno verso sé stesso: obbligarsi a studiare, a leggere, a interpretare il nuovo. È anche così che si prepara a comprendere la rivoluzione che bussa alle porte: “Siamo alla vigilia di uno tsunami che ancora non abbiamo visto. L’intelligenza artificiale cambierà molto più di quanto immaginiamo. Non possiamo restare fermi”.
Belisario ha una visione lucida anche sul nostro Paese: “Con il PNRR siamo passati da un’insufficienza grave a un 6– in ambito di digitalizzazione. Ma manca ancora una strategia, una leadership che indichi dove vogliamo andare dopo il 2026”. Secondo lui non basta accumulare eccellenze sparse: serve una direzione chiara, capace di trasformare competenze e strumenti in un progetto di sistema.
La sua voce si fa più accesa quando parla di internet. Già nel 2000, in un articolo intitolato Internet non è il Far West, scriveva che il digitale non è una terra senza regole. Le norme ci sono, semmai il problema è la responsabilità: dei provider, che devono gestire i rischi legati ai loro modelli di business, e degli utenti, che devono capire che la rete è parte della vita reale. “Internet non è lo scippo che avviene per strada. Internet è la strada stessa: quella che ci permette di incontrare le persone, di viaggiare, di scoprire. Se la guardiamo solo attraverso i fatti di cronaca più bui, perdiamo la sua vera natura”.
Non mancano i riconoscimenti che testimoniano il valore del suo percorso: è stato componente del Tavolo permanente per l’innovazione e l’agenda digitale italiana, consigliere del ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e ha seguito – come esperto – i progetti con cui la Camera dei deputati ha introdotto l’uso dell’IA a supporto del lavoro parlamentare.
C’è un filo rosso che tiene insieme tutto: l’ottimismo. Non ingenuo, ma antropocentrico. “La tecnologia non ci salverà e non ci distruggerà da sola. È nelle mani delle persone. Siamo ancora in una fase della storia in cui possiamo scegliere la rotta”. È lo stesso messaggio che porta anche nella sua dimensione più intima, quella di padre. Con la figlia adolescente non impone regole, ma stimola curiosità: mostra strumenti, discute rischi e opportunità, racconta casi reali. Sapendo che le sue parole verranno messe in discussione un secondo dopo, ma convinto che il compito di un genitore sia proprio questo: aprire domande, non chiuderle.
E così, da quel Commodore 64 alla guida di uno studio legale innovativo, Ernesto Belisario ha sempre seguito la stessa bussola: smontare e rimontare per capire, con fiducia che il diritto e i diritti possano restare al centro del futuro digitale.
Un nerd, sì. Ma un nerd che ha scelto di mettere l’uomo e i suoi diritti al centro della tecnologia.
#ToBeContinued
Andrea Bettini