
C’è chi sogna ad occhi chiusi e chi, come Roberto Fantauzzi, ha imparato a farlo ad occhi aperti. E con i piedi ben saldi a terra. È una questione di indole, di quella forza creativa che non cerca una via di fuga ma una forma per esprimersi. Un gesto, un’idea, un’esperienza.
Per raccontare chi è, lui stesso sceglie un’immagine insolita: un artista prestato all’imprenditoria. E in effetti, la storia di Lux Entertainment – fondata nel 2021 a Roma e oggi protagonista globale con oltre 20 milioni di visitatori in tre continenti – nasce da un doppio battito. Quello dell’intuizione e quello della visione strategica. Un equilibrio raro.
La sua carriera inizia nei luoghi dove si celebrava la notte. Da Porto Cervo a Cortina. Da Capri a Roma. Club iconici, atmosfere vibranti, palcoscenici temporanei per un’arte effimera eppure capace di lasciare traccia. Ma è la paternità e con essa, uno sguardo diverso sulla meraviglia, a generare un cambiamento radicale.
“Quando ho visto mia figlia ridere dentro un’animazione improvvisata, ho capito che quell’energia andava messa al centro. Così sono passato da far ballare gli adulti a far sognare le famiglie”. E non è un cambio di pubblico, ma di prospettiva. Da lì nascono le prime esperienze artistiche pensate per essere vissute, che anticipano di anni l’esplosione del fenomeno. Il primo tentativo si chiama Christmas Wonderland, un piccolo villaggio scenografico e sensoriale che si rivelerà il seme di qualcosa di molto più grande.
La vera svolta arriva con il Balloon Museum, un format che unisce arte, interazione e poesia dell’aria. “Non facciamo eventi immersivi. Facciamo esperienze interattive che diventano arte”. La differenza è sottile, ma sostanziale. L’obiettivo non è solo stupire, ma creare connessioni. Così ogni mostra è un invito al gioco, alla scoperta, alla partecipazione.
Quando la prima installazione conquista Roma, tutto accade in fretta. Il successo è virale. Poi arriva la chiamata inaspettata da Didier Fusillier, presidente della Villette a Parigi. Quindici giorni dopo, il Balloon Museum è a Parigi, e da lì inizia una corsa internazionale che porta Lux in Asia, negli Stati Uniti, nei templi dell’arte contemporanea. E ora anche nel Grand Palais, simbolo della cultura europea.
Ma c’è di più. Dietro ogni passo c’è una filosofia precisa. Lux è un’azienda con 250 dipendenti, ma anche un laboratorio creativo che internalizza ogni competenza: scenografia, produzione, ingegneria, persino le aziende di carpenteria sono diventate parte integrante del gruppo. “Per rendere un progetto vivo, serve gente che lo sente dentro, non solo che lo costruisce”.
In un mondo dove tutto corre veloce, Fantauzzi si distingue per la capacità di anticipare i movimenti. Quando tutti parlano di immersive experiences, lui ha già spostato il baricentro: “Abbiamo portato l’arte dentro l’esperienza. Siamo diventati qualcosa che i musei tradizionali non possono essere e, chi fa solo intrattenimento non potrà mai diventare”.
Il suo claim? “Vietato non toccare”. Perché l’arte, per Lux, è prima di tutto un invito all’incontro. “Facciamo giocare i bambini con l’arte e facciamo tornare bambini gli adulti. Lì, in quello spazio condiviso, nasce una nuova forma di bellezza”.
Tra i format creati da Lux, ce n’è uno in cui Roberto si rivede più di ogni altro: This is Wonderland. Fiabe riscritte da zero, scenografie oniriche, nuove morali. Come in Alice – Lost Inside You, dove Alice non si trova mai perché – rivela il Bianconiglio – “Alice siete voi”. Un messaggio semplice e potente: il senso di meraviglia non si cerca fuori, ma dentro di sé.
Oggi sua figlia, Greta Maria, ha dodici anni. E oltre a essere fonte di ispirazione, è diventata la sua prima consigliera creativa. “Capisce cose che io non potrei vedere. Parla la lingua di chi verrà. E se riesco a parlare a lei, riesco a parlare anche agli altri”.
In fondo, tutto nasce da lì: un padre, una figlia, e il desiderio di costruire spazi dove ogni persona, di ogni età e cultura, possa ritrovare l’incanto. Magari sotto forma di un palloncino. Ma con dentro un’idea che vola più in alto di quanto sembri.
#ToBeContinued
Andrea Bettini